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Friday, April 23, 2010

L'ANGOLO DEL DESIGN: “!” MOMENT

di Mattia Fossati

Nendo, dal giapponese, letteralmente, “Creta”; materiale versatile che si presta ad infinite applicazioni.
Lo studio di designer giapponesi capitanati da Oki Sato si adatta perfettamente a questa descrizione, ed è riuscito a conquistarsi, nel giro di pochi anni, un posto di tutto rispetto all’interno del panorama internazionale del design.
Oki Sato nasce a Toronto, in Canada, nel 1977 e si laurea nel 2002 alla Waseda University di Tokyo; nello stesso anno viene premiato con la medaglia d’oro alla Kazumi International Lighting design e fonda, sempre a Tokyo, lo studio Nendo.
A soli 32 anni Sato può vantare uno studio con due sedi (Milano e Tokyo) che è stato segnalato da Newsweek come una delle migliori 100 piccole aziende giapponesi, numerose menzioni in concorsi internazionali, collezioni esposte al MOMA di New York, al Musee des Arts decoratifs di Parigi ed in altri importanti Musei nel mondo.
Nendo si occupa di design, arredamento di interni ed architettura, con un approccio progettuale mai banale, eclettico e sempre in grado di stupire, al quale si affianca un’attenzione maniacale per l’aspetto formale e funzionale del prodotto.
All’attività progettuale e di comunicazione si unisce l’intensa attività di ricerca che ha portato lo studio alla notorietà grazie ad oggetti che stupiscono ed introducono utilizzi inediti dei materiali di tutti i giorni (è l’esempio della carta per progetti come la “Cabbage Chair”) o che decontestualizzano materiali utilizzati da sempre in altri ambiti, per creare esperienze nuove ed intriganti.
Ne sono un chiaro esempio prodotti come “Polar”, tavolo con struttura in metallo e piano di appoggio in vetro polarizzato, che sovrapposto ad altri, lascia comparire una texture floreale; oppure le famose “Chocolate Pencil” penne di cioccolato da temperare sopra i propri dolci preferiti; o ancora la lampada “Hanabi” che, grazie all’utilizzo di materiale a memoria di forma, si apre come un fiore una volta accesa.
Alla produzione di tipo industriale ed alla collaborazione con aziende del calibro di Cappellini, Oluce, Lexus, De Padova, ecc…, Nendo affianca oggetti prodotti in serie limitate che si affidano all’abilità ed alla manualità degli artigiani locali, creando delle vere e proprie collezioni “esclusive” fortemente legate alla cultura materiale ed al know how del posto.
E’ interessante, a questo proposito, osservare prodotti come la “Cord Chair”, sedia in legno con gambe del diametro di 15 mm, che grazie alla sapienza degli artigiani della Hiroshima Prefecture manufacturing Maruni Wood, ha, inserita all’interno una struttura in tondino metallico del diametro di 9mm.
O ancora la “Fadeout Chair”, sedia che sembra galleggiare nell’aria grazie alla gambe, in materiale acrilico (dipinte manualmente) che si dissolvono lentamente.
Oki Sato ed i ragazzi di Nendo sono la prova delle infinite possibilità che attività come il design ed in generale la ricerca progettuale possono offrire se condotte con capacità e metodo, rendendo i prodotti sempre interessanti e distaccandosi totalmente dall’idea effimera del designer come semplice “stilista” di oggetti.
Come direbbero i ragazzi di Nendo non resta che prepararci per un’altro “!” Moment!



by Mattia Fossati

Nendo, from Japanese language, literally, "Crete": versatile material that lends itself to endless applications.
The study led by Japanese designer Oki Sato fits this description, and managed to win in a few years, a important place on the international scene of design.
Oki Sato was born in Toronto, Canada, in 1977 and graduated in 2002 at Waseda University in Tokyo. In the same year was awarded with the gold medal at the International Lighting Design Kazumi and he based, again in Tokyo, the study Nendo.
The just 32 years old Sato boasts a studio with two offices (Milan and Tokyo) that was reported by Newsweek as one of the best 100 small Japanese companies, with many mentions in international competitions, collections displayed at MOMA in New York, at Musee des Arts Decoratifs in Paris and in other major museums in the world.
Nendo covers design, interior design and architecture, with a design approach not boring, eclectic and always able to surprise, accompanied by maniacal attention to the formal and functional product.
Work in design and communication is combined with the intense research that led to the study of objects that amaze and introduce use of unpublished material every day (an example is the paper for projects like the "Cabbage Chair ") or materials used decontextualize always elsewhere, to create new and intriguing experience.
Clear example of this are products such as "Polar" table with metal frame and polarized glass shelf, which overlapped with other leaves shows a floral texture; or the famous "Chocolate Pencil" useful to temper chocolate on your favorite desserts, or even the"Hanabi" lamp that, with the use of shape memory material, opens like a flower once turned on.
Between the industrial production, the collaboration with companies such as Cappellini, Oluce, Lexus, De Padova, etc ... Some Nendo objects are produced in limited series that rely on the skill and craftsmanship of local artisans, creating real collections "exclusive" strongly linked to material culture and know-how of the place.
It 's interesting in this regard, see the product "Cord Chair", with wooden chair legs with a diameter of 15 mm, in wich the wisdom of the craftsmen of Hiroshima Prefecture manufacturing Maruni Wood inserted inside a structure metal rod with a diameter of 9mm.
Or the "fadeout Chair, a chair that seems to float in the air thanks to the legs, acrylic (hand painted) that dissolve slowly.
Oki Sato and Nendo boys are proof of the infinite possibilities that activities such as design and general design research can offer if conducted with skill and method, making the products more attractive and totally separated from the idea of designers as mere ephemeral items.
As Nendo boys say do all you gonna do is prepare yourself for another "!" Moment!

Monday, April 19, 2010

CARIBOU - SWIM

In alcune, rare, occasioni il titolo e la copertina di un album possono rivelarsi un chiaro affresco del processo creativo utilizzato da un musicista per approcciarsi alla sua opera.
Questa ultima fatica del polistrumentista canadese Caribou (ex Manitoba) ne è una palese prova.
Il titolo dell’Lp, Swim, e il vortice dai colori caldi che fa capolino sulla copertina dal minimale sfondo nero, ci danno la giusta percezione visiva di quello che sentiremo appena avremo pigiato play per ascoltare il disco.
Un flusso di suoni ipnotici e psichedelici ma profondi, caratterizzati da un raggio di effetti ondeggianti e densi, atti a plasmare una musica elettronica in cui i ricorsi citazionistici (che spaziano dalla minimal all’attitudine danzereccia DFA, passando attraverso il folk-soul della bellissima Jamelia) si sprecano, ma vengono reinterpretati alla perfezione proponendo un sound eclettico ma accessibile.
Con Swim, Caribou si permette di nuotare, appunto, in atmosfere che sono, in molti brani, più calde di quelle delle normali opere elettroniche.
Questo perché i pezzi di quest’album sono frutto di una perfetta commistione tra suoni sintetici, inserti chitarristici e addirittura incursioni fiatistiche (vedi Leave House, pezzo a tratti etnico ma con un beat alla LCD Soundsystem).
Il singolo e prima canzone del disco, Odessa, è la quint’essenza di questa attitudine compositiva: qui Caribou gioca un po’ a fare il James Murphy, e un po’ il Panda Bear della situazione (una attitudine che si ripresenterà in Bowls, che spicca per svariate incursioni di archi e cowbells).
Si può ancora citare Kaili, brano tra i migliori del disco e in cui il cantato assume un ruolo chiave nella resa emotiva del pezzo, testimoniando ancora una volta che l’intenzione è quella di umanizzare più possibile certi suoni robotici.
Swim è insomma un album che, nonostante la sperimentazione, brilla di luce propria in praticamente ogni pezzo e che, nonostante non segua il sentiero folk-tronico che Caribou aveva tracciato con Andorra, riesce a dimostrare abilità e verve compositiva. 9



In some, rare occasions the title and the album cover can be a clear fresco of the creative process used by a musician in approach to his work.
This last effort of the Canadian multi-instrumentalist Caribou (formerly Manitoba) it is a manifest proof.
The title of the LP, Swim, and the vortex of warm colors peeping out from the cover minimal black background, give us the right visual perception of what we feel once we press play to listen to the disc.
A stream of sounds, hypnotic and psychedelic but deep, featuring a range of effects flowing and dense, capable of shaping an electronic music that appeals citationistical (ranging from minimal attitude dancy DFA, through the folk-soul of the beautiful Jamelia) but reinterpreted to perfection by proposing an eclectic but accessible sound.
With Swim, Caribou is allowed to swim (that's it) in atmospheres that are, in many songs, warmer than normal electronic works.
This is because the tracks of this album are the result of a perfect blend of synths, guitar and even raids flute inserts (see Leave House, sometimes ethnic piece but with a beat to LCD Soundsystem).
The single and first song on the disc, Odessa, is the quintessence of this compositional attitude: Caribou here plays a little 'to do the James Murphy, and a bit' the Panda Bear of the situation (an attitude that will recur in Bowls, that stands for several incursions of strings and cowbells).
I can still quote Kaili, one of the best track of the disc where the singing takes on a key piece in the emotional appeal of the song, testifying once again the clear intention is to humanize certain robotic sounds.
Swim is an album that, despite testing, shines its light on virtually every piece, and although not follow the path folk-tronic that Caribou had begun with Andorra, is able to demonstrate skill and verve composition. 9